Repressione quotidiana nel contesto della lotta contro la M.A.T.
Sono stata fermata dalla polizia sul sentiero che porta al benzinaio. Tutto e cominciato come quello che penso dovesse essere un controllo di documenti aleatorio, che mi ha portado ad essere detenuta con false accuse da parte della polizia, a passare una notte in custodia e a dover affrontare un processo. Il fatto che io non fossi di queste parti ha giocato un ruolo decisivo nello svolgimento del conflitto, che e degenerato fino a comportamenti fascisti e a violenze da parte della polizia.
Posso solo presumere che la ragione che si cela dietro questa repressione e quella di dividerci e di fare in modo che la protesta resti una questione “locale”. Ma non e locale, e una lotta globale che riguarda tutte e tutti, e che non dovrebbe essere combattuta solo da un piccolo gruppo di persone che si sentono responsabili, ma da tuttx quellx che hanno una coscienza sociale e ambientale.
La risposta a questa massiccia intimidazione da parte della polizia non dovrebbe essere una retrocessioneun’organizzazione e un supporto ancora più forti ad ogni livello possibile. Grazie per tutto il supporto e la solidarietà che mi avete dato, io sono ancora presa bene.
Memoria dei fatti
Il 16.09.2013 verso le 7 del pomeriggio stavo camminando lungo il sentiero che dalla Masia Occupata porta al benzinaio, per comprare qualcosa da bere. Sul sentiero c’era un posto di blocco dei Mossos (polizia catalana) che mi hanno chiesto i documenti. Gli ho dato il mio passaporto e loro mi hanno detto di mettere tutte le mie cose di fronte alla macchina, dopodichè l’unica poliziotta ha voluto perquisirmi. Io ho chiesto il perche e loro mi hanno risposto: “Perche siamo la polizia!”. Io ho ribattuto che questa non era una buona ragione. Loro mi hanno perquisita e mi hanno chiesto cosa ci facessi li, cosa ho risposto: “Vi ho dato il mio passaporto ma non rispondere alle vostre domande.” Da questo momento hanno cominciato a diventare molto agressivi. A un certo punto uno sbirro ha detto: “Prendi le tue cose e vai via!” Ho sentito che non volevano lasciarmi andare ma che erano costretti a farlo. Cosa ho detto ironicamente:”Oh grazie, siete cosa gentili!” A quel punto uno di loro mi ha sputato in faccia e io gli ho risputato. Immediatamente mi ha colpita alla testa, sono caduta e tre sbirri si sono seduti sulla mia schiena, mi hanno ammanettata, colpita e lo sbirro che mi aveva sputato mi ha detto:”Adesso si che capisci catalano!” e mi hanno postata in questura. Ho detto ad un’agente che si occupava della buracrazia, che il suo collega mi aveva colpito e che volevo il suo numero di identificazione, ma mi ha ignorata. Dopo mi hanno chiusa in cella senza dirmi cosa stesse succedendo. Il giorno successivo hanno preso le mie impronte digitali, le impronte delle mani, mi hanno fatto delle foto, mi hanno fatto delle domande a cui ho rifiutato di rispondere. Verso mezzogiorno mi hanno portata in tribunale dove, seguendo le istruzioni dell’avvocato d’ufficio, ho risposto alle domande del giudice. Sono stata liberata dopo il processo, apparentemente gli sbirri hanno dichiarato che ero stata io a provocarli e colpirli, ecc..
Subito dopo mi sono messa in contatto con l’avvocato No Mat, che si occuperà del mio caso in futuro.